La democrazia di Julien Benda [recensione]
Giorgio Colli
Recensione a Julien Benda, La democrazia alla prova, Einaudi, Torino 1945. Forse inedita.
In questi tempi di astiose controversie in sede più o meno teorica, sull'essenza della democrazia, riesce oltremodo interessante udire la voce [in proposito] di uno dei più equilibrati ed autorevoli rappresentanti della cultura contemporanea, <Julien Benda, La democrazia alla prova, Einaudi 1945>. Lo scrittore, che conoscevamo soprattutto come scintillante polemista, si presenta ora in veste dottrinaria e costruttiva: il nuovo campo è assai più arduo ed ingrato, ed è inevitabile che molti sentano un certo rimpianto per il Benda della Trahison des clercs. Già l'impostazione stessa del libro, occasionato dalla crisi contingente delle democrazie nella prima parte del passato conflitto, e [per contro] elevantesi <poi> ad un'apologia teorica dell'idea democratica, determina una discontinuità ed un'eterogeneità nella trattazione. Nonostante il piglio scientifico, l'autore risente sin troppo del particolare momento storico, e si preoccupa quasi soltanto di mettere in luce l'antitesi [del-] <tra> la democrazia [al-] <e> l'irrazionalismo nazista, senza [esaurire] <trattare invece> in profondità, [cosa altrettanto importante teoricamente,] il rapporto tra i propri principi e la concezione socialista di democrazia.
Il libro è dedicato alla memoria di Kant e di Renouvier, il che vale già ad inquadrare genericamente questa interpretazione liberale della democrazia. L'autore distingue i principi democratici nell'ordine politico e nell'ordine spirituale. Sotto il primo punto di vista si riallaccia al giusnaturalismo ed ai principi puri e astratti dell'illuminismo francese, sotto il secondo invece al formalismo morale di Kant, e alla concezione cristiana di coscienza e di personalità. Il tentativo di fondere queste due visuali non perfettamente omogenee pone il Benda di fronte a serie difficoltà, a prescindere poi dagli inevitabili inconvenienti cui si va incontro, introducendo un [ordine] <criterio> spirituale e filosofico nelle considerazioni politiche, e dal pericolo di incorrere in astrazioni poco significative in questo campo - come infatti avviene anche al nostro scrittore - quali "l'assoluto, la giustizia, la verità". D'altro canto, la definizione suddetta esclude da sé la democrazia di tipo inglese basata, più concretamente, su principi empirici ed utilitaristici, e così pure le democrazie del mondo antico, la cui autenticità è contestata dallo scrittore, sulle orme di Benjamin Constant. Queste esclusioni si fondano più che altro sul principio astratto dell'egualitarismo, che Benda ritiene fondamento essenziale della democrazia, e che nelle ricordate forme politiche si realizza solo imperfettamente, per il sussistere più o meno accentuato di privilegi economico-sociali e di disparità intellettuali riconosciute. Qui sta forse il punto più debole dell'opera, in quanto l'autore nella seconda parte del libro,dove si tratta di additare concretamente alle democrazie contemporanee i mezzi di difesa contro gli avversari che minacciano la loro stessa esistenza, è costretto a consigliare una notevole limitazione del principio astratto di egualitarismo. Egli [parla] <si pone> qui contro l'eccessiva libertà concessa dalle democrazie all'opposizione ed alla critica razionale, e contro il "falso universalismo", cioè l'egualitarismo applicato in linea assoluta, giungendo a questo proposito sino a proclamare la superiorità di una "razza morale", comprendente gli individui che riconoscono i diritti dell'uomo. [In tale occasione] grandi sono <, a questo proposito,> le sue lodi per la saggezza politicaanglosassone, cosicché in estrema analisi ci si trova di fronte ad una certa contraddizione tra <un> egualitarismo astratto di principio (che inoltre lascerebbe aperta la via ad una chiarificazione più esauriente con le teorie socialiste), ed un'aristocrazia morale, raccomandata di fatto.
Queste incertezze dottrinali si riflettono sull'analisi storica per determinare l'origine dei principi democratici, risalente, secondo lo spirito generale dell'opera, a Socrate e al Cristianesimo. Ciò farà storcere il naso a più di un lettore. Molto felice è per contro la parte immediata e concreta del libro, cui già abbiamo accennato, e che giustifica il suo titolo: ritroviamo qui il Benda battagliero, il quale si serve ormai di una polemica matura, misurata e precisa, e nonostante le manchevolezze filosofiche affioranti qua e là, mette in mano alle democrazie le armi migliori per la loro salvezza.
Archivio Giorgio Colli, Firenze.